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Monicelli e il prete al suo funerale.

Come tutti sapete, pochi giorni fa è morto suicida Mario Monicelli. Nelle sue volontà ha lasciato detto di non volere una cerimonia religiosa, ma solo la cremazione. Eppure, con una violenza che solo gli invasati riescono ad avere, un prete ha violato il funerale di Monicelli come riporta Bruno Tinti sul Fatto Quotidiano.

Un prete […] ha fermato la macchina con la bara, ha fermato tutti noi che la seguivamo e ha iniziato una nuova predica. Preghiamo per lui, uomo di fede, buono, marito affettuoso, padre esemplare, Dio lo accoglierà, la vera vita, ci sarà sempre vicino, insomma tutto il repertorio.

Tinti si arrabbia e manifesta agli amici lì intorno le sue perplessità. Gli arrivano varie risposte, e tra queste:

Poi ho parlato con un altro amico e gli ho fatto la stessa domanda. Intelligente, saggio, furbo come è sempre stato, mi ha detto “Sai, adesso non gliene importa più nulla”.

Tinti conclude

Mi sono chiesto soprattutto se questa prevaricazione fosse coerente con il messaggio di amore (ma non di rispetto) che quel sacerdote ossessivamente ripeteva davanti a tutte le bare che gli passavano davanti e che contenevano ciò che restava di un uomo e della sua libertà.


Il funerale di Mario Monicelli

Questo episodio mi ha fatto arrabbiare parecchio. Tinti sbaglia a puntare la sua attenzione sull’incorenza del prete. Chi se ne frega. Sarà un problema del prete essere o meno coerente. Il problema è la prevaricazione sulla libertà di Monicelli (o di chiunque altro). Una prevaricazione violenta, che dovrebbe portare alla denuncia e alla condanna di quel prete per “Turbamento di un funerale o di un servizio funebre” (art. 409 del codice penale).

Non condivido la risposta dell’amico di Tinti “Adesso non gliene importa più nulla“.

E’ vero: ai morti non importa più nulla, ma è ai vivi che bisogna pensare e sono certo che le persone vivono meglio se sanno che NESSUNO violenterà la loro memoria e la loro libertà.