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Il testamento di Garibaldi

Una decina di giorni fa sono stato operato ad una spalla. Alcune ore dopo l’intervento, mentre sonnecchiavo, sono comparsi alla porta un prete e una suora. Senza chiedere nulla, la suora ha annunciato: “Ecco la benedizione” e poi il prete ha cominciato a recitare sbrigativamente alcune formule magiche, ha lanciato alcune gocce d’acqua sopra le nostre teste e se n’è andato, seguito dalla solerte donna con lo chador.

Il mio vicino di stanza ha commentato: “E anche per oggi siamo a posto” e poi abbiamo tutti e due ripreso a sonnecchiare.

Ho archiviato l’episodio nella cartellina mnemonica titolata “piccoli soprusi della chiesa cattolica”, forse più divertito che seccato, stupito della mia tolleranza, probabilmente dovuta alla stanchezza dell’operazione.

L’altro giorno è arrivato a  casa l’ultimo numero de “L’Ateo”, la rivista dell’UAAR  con un interessante articolo di Mario Isnenghi (fino a pochi mesi fa docente di storia contemporanea a Venezia) che parla di un Garibaldi meno noto, un Garibaldi romanziere che scrisse ben quattro romanzi nell’ultimo periodo della sua vita. Brutti, dice Isnenghi, ma rivelatori di molti aspetti del Risorgimento, oltre che del pensiero di Garibadi stesso.

Giuseppe Garibaldi nel 1861

Nella stessa pagina, un riquadro riprende il Testamento di Giuseppe Garibaldi.

Mi è piaciuto moltissimo e mi sembra molto attuale anche in relazione al dibattito sul testamento biologico, uno degli argomenti su cui l’UAAR sta raccogliendo un grande consenso.

Ecco quindi il Testamento di Garibaldi

Siccome negli ultimi momenti della creatura umana il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra e, mettendo in opera ogni turpe stratagemma propaga, con l’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze, ai doveri di cattolico; in conseguenza io dichiaro che, trovandomi in piena ragione, oggi non voglio accettare in nessun tempo il ministero odioso, disprezzevole e scellerato di un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi a un discendente di Torquemada

Beh, mi ha rallegrato scoprire che condividevo con il celebre condottiero il fastidio per questi soprusi perpetrati dai religiosi che si approfittano della debilitazione del prossimo.

Mi voglio sposare in chiesa perché …

…il matrimononio in chiesa è una bella cerimonia.

Come sanno fare le cerimonie i preti, non le fa nessuno” e ancora “E’ il giorno più bello della mia vita e voglio un rito speciale“.

Un mucchio di persone –  anche se non proprio praticanti o addirittura non credenti  – di fronte al matrimonio decidono di seguire il rito religioso cattolico per sancire la loro unione.

Ma non sempre tutto va secondo le aspettative….