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Cavalli Marci

Parlando con un’amica straniera di come condurrei io una certa ditta se ne diventassi l’amministratore delegato, le ho detto che la farei chiudere al piu’ presto, perche’ secondo me è messa da panico. Poi con fare solenne ho recitato una massima: “Il cavallo ferito, va ucciso prima che marcisca. Almeno si recupera la carne“. Per fortuna poi le ho detto che l’avevo inventata sul momento, perché le suonava così bene da sembrare una massima italiana ed era già pronta a raccontarla in giro.

Sera con Ventrix a sentire Gino Strada.

Sala strapiena. Dicono che la capienza fosse di circa 1000 persone sedute. Ce n’erano in piedi e sedute sul pavimento e fuori dalla sala. Saranno state almeno 1.500. Lui in gamba e presentava al campagna di Emergency Fuori l’Italia dalla guerra” e così non ha raccontato molto delle sue esperienze. Peccato, perchè credo che sarebbe stato ancora più incisivo. Mi è piaciuto molto l’episodio della conferenza tenuta in Afghanistan con le forze armate italiane, che lo stesso Strada, giudicava interessantissima, perchè vedeva nei militari italiani una gran voglia di fare del bene. Tutti i militi raccontavano che avevano sistemato il pozzo del villaggio, aiutato un malato ecc. ecc. La domanda che Gino ha fatto loro e’ stata: “Ma per fare del bene a questa gente, c’era bisogno di venire con i blindati?”. Risultato, 6 militari hanno chiesto di fare servizio con Emergency.Un’altro giorno, dopo un esplosione, c’era bisogno di sangue e una cinquantina di militari italiani l’hanno donato.Mi e’ piaciuto un po’ meno quando svicolava sulle domande fatte da una signora (secondo me “d’alemiana”) che chiedeva cosa faceva il padre di Gino nel ’45, visto che il suo stava facendo la guerra partigiana. E diceva che la guerra e’ una schifezza, ma forse in certi casi è necessaria. Inoltre faceva notare che non e’ proficuo insultare o sbeffeggiare i politici. Pur dando ragione a Strada (se posso non perdo l’occasione anch’io di insultare i politici) ho pensato che la derisione dei politici in quel contesto fosse un gioco facile e populista. Però, l’obiettivo di ieri non era convincere (erano già tutti convinti) ma caricare e motivare per la campagna. Forse andava bene così. Sulla domanda “cosa faceva tuo padre”, invece e’ proprio scaduto e ha detto: non è che avere la madre lavandaia o sciura dia più o meno valore a quel che dico. Certo, su questo siamo tutti d’accordo, però, perchè non fermarsi a riflettere che fino a poco tempo fa la guerra partigiana era esaltata e giustificata. Perchè non cercare di capire se c’è una differenza fra una guerra partigiana e una guerra d’aggressione (se c’e’). Mi e’ sembrata un’occasione persa.

Un ragazzino ha fatto notare che non riesce a parlare con il 40% di persone favorevole alla guerra. Si trova davanti un muro, vorrebbe spiegare ma non lo ascoltano neppure. Chiedeva un consiglio su come insinuarsi. Difficile la risposta che, direttamente, non e’ arrivata. Credo che indirettamente, però, la campagna “fuori l’Italia dalla guerra” sia già una risposta. Cioè credo che il muro d’ascolto di chi e’ favorevole alla guerra o a certe guerre derivi da molti fattori, tra questi l’idea di essere parte di un gruppo (forse maggioritario) di persone che la pensa in quel modo. Dare visibilita al nostro essere contro la guerra, con bandiere, coccarde, stracci bianchi e altri segnali visibili, può far insinuare nei “guerrafondai” il dubbio di essere in minoranza. Queste persone, fondamentalmente un po’ perbeniste e benpensanti, temono come la morte la devianza dalla norma. Oggi, il fiume mediatico di informazioni PRO guerra, fa credere loro che la maggioranza del paese sia dalla loro parte. Il contromuro della visibilita’ della campagna, potrebbe far crollare questa certezza. Se questa persone cominciano a “sentirsi strane” e deviate, forse poi cominciano anche ad ascoltare. Uscendo ho comprato una bandiera, le coccarde erano finite.