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Cosa vuol dire fare un sito per iPad (ovvero sono duro di comprendonio)

Circa 8-9 mesi fa, un cliente appena tornato da una fiera mi ha detto: “Giovanni, in fiera era pieno di nostri concorrenti che avevano fatto la versione del loro sito per iPad. Una figata! Usavano il loro tablet e il loro sito si vedeva benissimo. Quand’è che facciamo anche noi la versione del sito per iPad?“.

Il sito di Armani non si vedeva su iPad (gennaio 2011)

Giuro che non avevo capito. Cosa intendeva dire dicendo: una versione del sito per iPad?

Per uno smartphone la cosa poteva anche avere un senso: le dimensioni ridotte dello schermo ti obbligano a ripensare l’interfaccia grafica, ma l’iPad è grande e con un’ottima risouluzione. Ci può stare benissimo un sito di normali dimensioni. Così, per capire, usando l’iPad di un collega sono andato sul sito di questo cliente e ho verificato che il suo sito si vedeva e si usava benissimo. Belle immagini, buona lettura, semplice navigazione delle gallerie fotografiche. Andava tutto.

Si, è vero ci sono alcune cose che, pensate per l’uso di un mouse, non rendono tanto bene. Per esempio l’on-mouse-over, cioè quello che succede posizionando il puntatore in un certo punto, ad esempio un link, ma senza cliccare. Su l’iPad, il mouse non c’è, si usa il dito, che o tocca o non tocca. Non esiste la condizione “dito posizionato sopra un elemento cliccabile, ma che non tocca lo schermo”.

Ma a parte queste minuzie, un sito per iPad, non è altro che un sito normale visto con un tablet di marca Apple. Ma che si vede.

Ho rassicurato il cliente e gli ho detto: guarda che il tuo sito si vede già sull’iPad, non c’è bisogno di farci niente. Tant’è vero che il cliente, dopo qualche mese, mi ha raccontato dell’enorme successo riscosso dal sito quando, durante una riunione di Confindustria, ha tirato fuori il suo iPad e ha fatto vedere il suo sito e le sue meravigliose produzioni agli industriali presenti che hanno cominciato a passarsi il tablet tra di loro.

E così, ho accantonato il “problema” di fare i siti per l’iPad. Io non ne avevo bisogno e i miei clienti neppure.

Qualche giorno fa, sono capitato sul sito di un mio concorrente, ho visto che proponeva la realizzazione di siti “per iPad”. Mah… chissà, forse si è messo a fare le Apps, ho pensato.

Poi ho guardato il portfolio dei suoi clienti e ho visitato alcuni dei loro siti. Bellissimi, niente da dire, ma avevano tutti una caratteristica comune: un uso ultrasovrabbondante di Flash. Splash page che fanno da tappo agli spider dei motori di ricerca (così il sito diventa invisibile per chi lo cerca), filmati invece di pagine html, cacce al tesoro per capire come proseguire, effetti speciali di animazione, visivi e sonori. Quelli di più recente fattura erano anche ben strutturati, ma comunque lasciavano Flash parti fondamentali per la comprensione del contenuto. Ma comunque Flash, Flash, Flash…

Il sito FIAT aveveva delle parti invisibili su iPad

E improvvisamente ho capito! Fare una versione del sito per iPad è una azione da svolgere in due parti.

Per prima cosa si fa un sito di merda, usando una tecnologia trendy (il Flash), esteticamente bello da vedere, ma – di solito – assolutamente inusabile come strumento internet. Siccome è figo, lo si vende a carissimo prezzo.

Poi, siccome la moda impone un device (l’iPad) che il Flash non lo vede neanche col binocolo – invece di scusarsi con il cliente per avergli fatto un sito tanto figo ma invisibile – gli si vende a caro prezzo un secondo sito, che non usa Flash, e lo si chiama sito per iPad!

Così, la web agency non solo ci guadagna 2 volte, ma dà pure l’idea di essere sempre sul pezzo, di leggere il futuro, di anticipare le mode…

Sono proprio duro di comprendonio.


Le immagini provengono da questo bell’articolo di Cesar Andavisa, che non conosco ma che dev’essere molto meno duro di comprendonio del sottoscritto.

 

 

Ristorante da consigliare, soprattutto per i funghi

La contestualizzazione degli annunci produce spesso effetti umoristici. La pagina riportata qui sotto riguarda un aticolo, in cui si parla parla dell‘amanita falloide, fungo velenoso, che sembra abbia la capacità di contrastare la crescita o addirittura distruggere alcuni tipi di cellule tumorali.

Il magico meccanismo di contestualizzazione propone un buono acquisto per un ristorante.

Funghi velenosi al ristorante

Qualche temerario si arrischierà ad ordinare dei funghi?

Nobel per la pace 2011. Ancora Internet? Speriamo di no

Prendo spunto dalla notizia di una possibile candidatura per il prossimo Nobel per la pace a WikiLeaks (o ad Assange, non so?) per dira la mia sulla stravagante proposta di assegnare ad Internet il nobel per la Pace (idea bocciata ad Oslo, ma pervicacemente riproposta dagli ideatori).

Capisco che la trovata pubblicitaria di Wired Italia abbia trovato un largo consenso, ma è – per dirla alla Villaggio – una boiata pazzesca.

Internet, come tutti sanno o dovrebbero sapere, è la parola derivata da “INTERconnected NETworks” usata per definire la rete delle reti di computer tra loro collegate. Non è un ente, non è una persona: è un oggetto, uno strumento.

Un oggetto po’ strano, perché è un sistema complesso, formato da altre reti, da cavi, onde radio, fibre ottiche, router, software, protocolli, regole, server… Un sistema potentissimo e utilissimo fuor di ogni dubbio, ma rimane un’oggetto. Come la ruota, ad esempio, altra grande invenzione senza inventore che ha facilitato le comunicazioni e le relazioni tra le persone, ma che nessuno si sogna di premiare con il Nobel per la pace.

Il prossimo candidato Nobel per la Pace in un'immagine di Gabriele Visca

Dare il Nobel a internet, sarebbe un po’ come darlo alla rete stradale, o ferroviaria. O alla rete elettrica.

Senza la rete elettrica, internet non esisterebbe. Eppure a nessuno è venuto in mente di dare il Premio Nobel alla rete elettrica. Anche se mancasse la rete di doppini telefonici che avviluppa il pianeta, internet non esisterebbe. Ma nessuno ha mai sognato di assegnare il prestigioso premio scandinavo al “Telefono“.

Sveglia ragazzi! L’operazione Nobel ad Internet è solo una trovata pubblicitaria del direttore furbetto di una rivista alla moda.


Fateci caso. Il sito per promuovere l’idea di Internet per il Nobel è un sito di “Condè Nast S.p.A.” e l’idea è nata da Riccardo Luna, direttore di Wired Italia. Tra gli “ambassador” troviamo oltre a degnissime persone (ma un po’ ignoranti in materia, come Umberto Veronesi, Giorgio Armani, il Vice-Presidente del Paraguay o utilizzatori importanti come Yoani Sanchez, famosa blogger cubana, ma troviamo anche il terzetto Riccardo Luna, Chris Anderson e David Rowan, direttori rispettivamente di Wired Italia, Wired US e Wired UK….